Home In casa In giardino Bonsai Email |
---|
Le orchidee sono una vasta famiglia che comprende circa 30.000 specie diverse e si possono trovare praticamente in ogni luogo del mondo.
Certo l’habitat caratteristico è la foresta tropicale, calda e umida, ciò non toglie che si può trovare qualche specie sia nella tundra artica che nelle regioni mediterranee o sui monti dell’Himalaya. Perfino in Italia ve ne sono una cinquantina di specie differenti che, anche se non sono grandi e appariscenti come vuole l’immaginario collettivo, sono affascinanti non meno delle specie tropicali.
Se trovate orchidee spontanee quando fate qualche passeggiata primaverile ammiratele quanto volete, ma NON raccoglietele, perché sono tutte specie protette nella maggior parte delle regioni e anche se non sono protette dalle leggi è bene lasciarle dove sono. Se volete portarle con voi non c’è niente di meglio di una foto. Le orchidee infatti hanno una riproduzione particolare, producendo delle capsule contenenti da alcune decine di migliaia ad alcuni milioni di semi piccolissimi, che riescono a nascere solo se in presenza di un particolare fungo che si trova in natura, il quale fornisce loro zuccheri e sostanze varie, oppure in laboratorio dentro provette contenenti le sostanze che normalmente vengono fornite dal fungo. E’ comunque molto difficile per un seme di orchidea riuscire a nascere, e prima di poter fiorire passano comunque da 4 a 12 anni!
Comunque, quando ci troviamo in possesso della prima pianta di orchidea, che abbiamo comprato o ci hanno regalato, bisogna sapere che è sicuramente una pianta tropicale (tranne poche eccezioni). Di solito non sappiamo mai come fare per farla sopravvivere, e, di fatto, spesso la povera pianta dopo un’agonia più o meno lunga, muore. Questo succede perché frequentemente ci immaginiamo la foresta dove vive come un luogo buio, con la pioggia talmente frequente da tenere il terreno sempre fradicio di acqua, caldissima e umida.
E questo in realtà è vero, come è vero che le orchidee vivono in questo ambiente, però la quasi totalità di queste piante hanno una particolarità: non vivono sul suolo, ma si aggrappano ai rami degli alberi.
Infatti, pur non essendo parassite, nascono,
vivono e fioriscono aggrappandosi con le loro robuste radici ai rami dei
maestosi alberi della foresta, riuscendo in questo modo a raggiungere la
luce del sole. Quindi anche se piove tutti i giorni, non rimangono mai
molto tempo con le radici bagnate, e le sostanze nutritive che gli occorrono
sono solamente quelle che "piovono dall’alto" e che si fermano nelle fessure
della corteccia dei rami dove vivono, in compagnia comunque di tante altre
piante come bromeliacee, felci, muschi ecc. Inoltre molte di queste vivono
in foreste montane ad altitudini di anche 1000-2000 m, che sono sì
umide, ma non caldissime.
Pollice verde? No, basta sapere di cosa hanno bisogno!
Le condizioni ottimali per coltivarle sono quindi:
1 - tanta luce;
2 - poca acqua da innaffiature (bagnare solo dopo che il terreno si è asciugato);
3 - fertilizzanti molto diluiti (solitamente diluito il doppio o più rispetto alle indicazioni per le altre piante da appartamento);
4 - molta umidità atmosferica (50%-60% è l’ideale)
A queste condizioni bisogna aggiungere la temperatura che è sicuramente diversa da quella che ci "fornisce" il clima italiano. Inoltre bisogna tener conto che ad habitat differenti corrispondono differenti fasce di temperatura che, a seconda delle esigenze delle varie specie possono essere:
a - fredda : minimo invernale notturno 9-12 gradi, massimo diurno estivo 24 gradi, con escursioni di almeno 5° tra giorno e notte;
b - media : minimo invernale notturno 13-15 gradi, massimo diurno estivo 26-28 gradi, con escursioni di almeno 5° tra giorno e notte;
c - calda : minimo invernale notturno 16-18 gradi, massimo diurno estivo 30-32 gradi, con escursioni di almeno 5° tra giorno e notte;
Oltre a ciò si deve anche sapere che molte specie praticano una sorta di letargo invernale durante il quale andrebbero innaffiate poco o nulla.
Per avere un’ambiente adatto alla coltivazione delle orchidee, non occorre quindi avere una serra iperriscaldata, dotata di complicate e costose attrezzature, ma basta avere una certa accortezza su dove posizionare le nostre piante. Posso darvi alcuni consigli:
serra fredda : in inverno un vano scale luminoso non riscaldato va benissimo, da giugno a settembre invece conviene portare le piante che vogliono il fresco in una posizione abbastanza ombreggiata, vaporizzando spesso sia le piante che l’ambiente in cui vivono (perfetto sotto un grande albero).Se avete l’aria condizionata potete tenerle in casa con gran gioia delle piante stesse. Se abitate nelle regioni meridionali, in inverno potrete tenerle anche all’aperto, magari in un balcone riparato esposto a sud, però dovrete stare molto attenti d’estate.
serra temperata : in inverno tenetele in un punto fresco e luminoso della casa, come il davanzale di una finestra, lontano dal termosifone, possibilmente ponendole sopra grossi sottovasi con argilla espansa bagnata (l’acqua, evaporando, fornirà l’umidità atmosferica che di solito è "consumata" dai termosifoni). In primavera ed estate portate le piante in terrazzo o in giardino in posizioni abbastanza luminose vaporizzando le piante e l’ambiente quando è molto secco e/o molto caldo.
serra calda : in inverno tenete le piante in casa in posizione luminosa (eventualmente va bene anche illuminazione artificiale per 14-16 ore al giorno) sopra grossi sottovasi con argilla espansa bagnata. In estate portatele fuori usando le stesse accortezze precisate per la serra temperata.
Questi tre tipi di condizioni si possono facilmente trovare nelle nostre abitazioni, ad esempio la prima si ritrova (come temperatura invernale) in un vano scale molto luminoso o in un terrazzo finestrato, temperature medie e calde si possono trovare in casa (attenzione però al riscaldamento che fa diminuire in modo impressionante l’umidità atmosferica). Per quanto riguarda la temperatura estiva, invece, per le specie che vogliono temperature fresche è d’obbligo l’aria condizionata, per le altre si possono usare alcuni accorgimenti, quali nebulizzare spesso o tenerle all’ombra di qualche albero, per mantenerle al meglio della forma.
Alcuni Generi
Ma quali specie vogliono il fresco o il caldo e di queste quali vogliono un periodo di riposo invernale?
Le Phalaenopsis vogliono il caldo senza periodi di riposo, luce moderata senza sole diretto. Non tenetele mai per troppo tempo all’asciutto;
Le Cattleya ed i suoi ibridi vogliono temperature medie con un periodo di riposo con poca acqua e molta luce. Di solito gradiscono un periodo di riposo con temperature un po’ più basse e minori annaffiature in autunno/inverno;
I Cymbidium vogliono temperature fresche (temperature invernali anche poco sopra lo zero) con moltissima luce e poca acqua d’inverno. Ricordatevi che per fiorire devono avere almeno un periodo freddo in autunno, quindi tenetele fuori fino a novembre almeno e solo quando si stanno formando i fiori potrete metterle in casa;
I Paphiopedilum (questo è un genere che vive nel sottobosco, non sui rami) vogliono temperature fresche o temperate o calde a seconda delle specie, luce moderata e nessun periodo di riposo con il terreno sempre umido (ma non zuppo !);
I Dendrobium sono talmente tanti (circa un migliaio di specie) e con esigenze tanto diverse che non è possibile dare dei consigli validi per ogni specie, ma tutti, comunque, hanno bisogno di molta luce.
Stesso discorso per gli Oncidium, anche se le specie più comuni vogliono temperature medie, luce abbastanza intensa e periodi di riposo più o meno marcati.
Le Vanda vogliono il caldo, molta luce (anche il sole diretto), nessun riposo e radici molto arieggiate (vengono meglio coltivate in cestelli appesi piuttosto che in vaso)
Quelli che ho elencato sopra sono solo i generi principali, quelli che si potrebbero trovare dal fioraio o in un vivaio non specializzato. Certo che se qualcuno capita in un vivaio specializzato dove può scegliere tra centinaia di specie diverse, il discorso si fa complicato. A questo punto non resta altro che chiedere indicazioni specifiche al vivaista e sperare in bene.
Infatti con tante specie che sono in coltivazione, ognuna con le sue particolarità, perfino per un vivaista diventa difficile sapere con esattezza le varie richieste di ogni determinata pianta, quindi di solito queste vengono riunite in gruppi che hanno "affinità" di esigenze e vengono coltivate con condizioni collettive, le quali anche se non ottimali, permettono a tutte le piante di sopravvivere. Sicuramente alcune specie saranno meno rigogliose di altre e questo vuol dire che le condizioni di coltura non sono ottimali, perciò sta a voi capire se ciò che vi dice il vivaista è esatto o meno. Infatti capita spesso che specie poco conosciute vengano coltivate in condizioni che vanno bene in generale per il genere a cui appartengono, ma non per quelle piante in particolare che risulteranno quindi sofferenti.
Orchidee da giardino?
Si possono trovare in commercio alcune orchidee che si adattano benissimo ad essere coltivate all’aperto anche in Italia. Anche gli stessi Cymbidium, in tutte le regioni costiere del centro-sud, se messi in posizioni riparate dal vento e con qualche accorgimento quando la temperatura scende sotto lo zero, possono vivere e prosperare piantati in giardino (all’orto botanico di Roma, su un pendio rivolto a sud ce ne sono molte che prosperano all’aria aperta tutto l’anno).
Le specie tropicali che più si adattano al clima italiano sono
comunque la Bletilla striata (chiamata
anche Bletia hyacinthina) originaria del Giappone ed alcune specie
di Pleione che possono resistere tranquillamente a temperature prossime
allo zero. La Bletilla striata si può trovare anche presso
chi vende bulbi o addirittura in alcuni supermercati a prezzi di 3-4.000
lire. Il Pleione formosana era in vendita anche alla Standa
alcuni anni fa per 12.000 lire. Sono tutte piante terrestri da mettere
in un composto sciolto e molto arieggiato piantando i bulbi a pochi centimetri
di profondità.
Vasi, composti e fertilizzazioni
Per quanto riguarda il contenitore dove alloggiare le piante ed i composti da utilizzare, potrete utilizzare le cose più diverse:
Potrete utilizzare vasi (di terracotta, plastica o polistirolo) riempiti con un mix di: corteccia di conifera a pezzetti, polistirolo, pezzetti di spugna, pezzi di carbone di legna, sfagno (una specie di muschio che si trova nelle torbiere), foglie di faggio, torba a pezzi grossi e molta fantasia, l’importante è che il tutto trattenga poca acqua, sia più o meno inerte (che contenga poche sostanze nutritive) e soprattutto che faccia passare aria in abbondanza e si asciughi velocemente. I composti già preparati che si trovano in commercio non sono male, anche se hanno pezzature un po’ piccole, potrete usarli tranquillamente anche dovrete fare più attenzione alle annaffiature.
Sono ottimi anche cestelli appesi, contenenti corteccia di conifera a pezzi grossi;
Oppure anche (e sarebbe il meglio per la maggior parte delle orchidee tropicali più piccole ad esclusione di Paphiopedilum e Cymbidium che sono orchidee terrestri), su tronchetti di legno di quercia o pezzi di sughero grezzo su cui siano stati fissati pezzi di sfagno (che uno si deve andare a cercare in zone paludose) o qualcosa di alternativo (avete presenti quei tubi in plastica foderati di muschio e fibre di cocco che vengono utilizzati per i rampicanti da appartamento? Ecco, quel rivestimento, se tolto dal tubo e fissato al nostro supporto è una ottima alternativa: costa poco, si trova facilmente ed evita scomode passeggiate in zone ostili). Se si preferisce posizionare le nostre piantine su tronchetti, ricordiamo di dare acqua più spesso, infatti è la cosa che ricostruisce meglio il loro habitat ed in questo caso possiamo far "piovere" anche tutti i giorni come nelle foreste.
Se cercherete informazioni sulle orchidee sia su internet che sui vari libri che sono in commercio, troverete che tutti o quasi indicheranno un composto che è il non plus ultra per queste piante: la fibra di osmunda. Questo composto è formato dalle radici di una felce, la Osmunda regalis ed sarebbe veramente il composto ideale, infatti assorbe acqua e la rilascia lentamente, è chimicamente inerte, si decompone con lentezza, può essere messo nei vasi o fissato ai tronchetti. Un vero toccasana. Ma ha una particolarità: ne è vietato il commercio! Quindi, a meno che voi non abbiate un grande giardino dove coltivare questa felce (che raggiunge dimensioni notevoli) ed all’occorrenza strappargli le radici per la felicità delle vostre orchidee, vi conviene usare ciò che ho indicato sopra.
Per quanto riguarda le fertilizzazioni si può utilizzare un qualunque fertilizzante ad alto contenuto di azoto (tipo 20-10-10 o formule simili) tranne in fase di fioritura quando sono consigliabili più alti tenori di fosforo e soprattutto potassio, mentre se la pianta è in fase di riposo è meglio non fertilizzare proprio. Per le piante coltivate in vaso basta una concimazione ogni 15-30 giorni diluendo il fertilizzante almeno il doppio di quanto consigliato, mentre per le altre datelo più spesso ma diluitelo ancora del doppio.
Un po’ di Biologia
A grandi linee si possono dividere in due gruppi principali: monopodiali e simpodiali.
Le seconde invece, sviluppano le nuove vegetazioni come se fossero nuove piante, alcune sviluppano dei rizomi, per altre questi rizomi sono talmente corti da risultare a tutti gli effetti inesistenti, comunque tutte (o quasi) prendono l’aspetto di un insieme di ciuffi di vegetazione affiancati gli uni agli altri; la maggior parte dei generi sviluppa degli "pseudobulbi" (che si presentano sotto svariate forme: sfera, fuso, cilindro, pera, ovoidi più o meno allungati) che sono degli ingrossamenti del fusto dove la pianta tiene le sue riserve alimentari, con in cima una o più foglie. Per alcune specie questi pseudobulbi sono grossi ed evidenti, mentre per altre sono piccoli e nascosti dalla vegetazione o prendono forme allungate con foglie che si sviluppano da esso (somigliando così ad orchidee monopodiali). Ad esempio i Paphiopedilum sono simpodiali senza pseudobulbi, mentre le Cattleya hanno pseudobulbi fusiformi ben definiti e visibili con una o due foglie alla sommità, mentre alcuni Dendrobium presentano pseudobulbi cilindrici simili a canne di bambù, con foglie disposte lungo tutto il fusto.
Nelle orchidee simpodiali i getti da fiore possono nascere, a seconda della specie, dalla cima del fusto (Cattleya e Paphiopedilum), dalla base (Miltonia, Cymbidium, Oncidium), o dai nodi fogliari (Dendrobium).
Tutte queste sono regole generali che possono cambiare a seconda delle specie (ad esempio la Cattleya walkeriana produce i fiori dalla base e non dalla sommità come tutte le altre congeneri). Le orchidee sono piante strane ed hanno comportamenti ancora più strani, quindi non vi stupite troppo se la vostra Phalaenopsis sul racemo floreale, insieme ai suoi stupendi fiori ha fatto sbocciare una nuova pianta, o se un Dendrobium invece di far spuntare un fiore ad ogni nodo vi ha fatto spuntare un nuovo pseudobulbo.
La riproduzione delle orchidee è molto particolare. Esse infatti usano i sistemi più disparati per distribuire il loro polline: alcune fanno come i normali fiori, altre "sparano" il polline addosso agli insetti appena questi si appoggiano sul fiore, alcune intrappolano l’insetto finchè questo non prende il
I nomi
Se cercate informazioni colturali sulla vostra pianta di orchidea (magari
perché la vedete un po’ "patita"), non pensiate di poterle trovare
dicendo << È un’orchidea fatta così e cosà ...>>.
Di orchidee ce ne sono troppe per poter descrivere una specie o anche un intero genere con parole semplici. Così si è costretti ad usare il nome scientifico!
Di solito la didascalia di una foto è una cosa di questo tipo: Oncidium varicosum var. rogersii Lindl. , dove Oncidium è il genere, varicosum indica la specie, rogersii è la particolare varietà (in questo caso è una forma con fiori più grandi del normale) e Lindl. Indica il nome della prima persona che ha descritto la specie. Io posso anche dire che la mia pianta ha pseudobulbi di 4/5 cm, produce racemi lunghi 60-70 cm con tanti fiori giallo limone larghi circa 5 cm, ma questa descrizione potrebbe essere adatta per anche 100 diverse specie od ibridi che magari hanno le esigenze colturali più disparate.
Se invece voi usate il nome adatto, l’esperto che vi sta ascoltando capisce subito (se conosce la specie!) di che pianta parlate e potrà darvi le indicazioni del caso.
La faccenda diventa ancora più complicata quando la pianta è talmente bella da meritarsi un nome proprio per distinguerla dalla massa delle altre appartenenti alla stessa specie. Faccio un esempio: ho una bellissima pianta di Oncidium varicosum varietà rogersii la quale, per un capriccio della sorte, fa dei fiori che sono ancora più grandi e di forma più armoniosa della varietà tipo; porto la mia pianta ad una mostra internazionale della American Orchid Society e qui viene premiata da una medaglia al "merito"; chiamo la pianta "Giulio" e la mia pianta diventerà allora un <<Oncidium varicosum var rogersii "Giulio" AM/AOS >> dove AM/AOS sta per Award of Merit/American Orchid Society. Lo stesso nome lo potranno portare tutte le piante che proverranno per divisione da questa e che sono detti "cloni" o "cultivar".
Gli ibridi
A rendere le cose ancora più ingarbugliate ci ha pensato l’uomo creando migliaia di ibridi non solo tra specie diverse dello stesso genere, ma anche tra generi differenti: per esempio il x Paphiopedilum Wiston Churchill "Indomitable" FCC/AOS è un cultivar chiamato Indomitable di un ibrido tra specie diverse di Paphiopedilum che è stato chiamato Wiston Churchill; il nome ci fa capire che questo clone ha vinto un premio AOS e più precisamente il First Class Certificate (ossia certificato di prima classe), la X prima del nome indica specificatamente che la pianta non è una specie botanica ma un ibrido.
Se l’ibrido risulta tra due o più generi il nome sarà simile tranne il fatto che il genere cambierà nome, diventando un mix tra i nomi dei genitori oppure un nome nuovo, ad esempio x Laeliocattleya (abbreviato x LC) è un ibrido tra specie di Laelia e di Cattleya, x Epicatonia è il risultato di incroci tra Epidendrum, Cattleya e Broughtonia, x Vuylstekeara tra Miltonia, Odontoglossum e Cochlioda (ultimamente si trovano anche dai normali fiorai delle orchidee chiamate Cambria; sono degli ibridi x Vuylstekeara) e così via per tutte le combinazioni possibili.
Sugli ibridi c’è da sapere che sono nati per esigenze estetiche e di coltivazione, quindi molto spesso sono più resistenti, più piccole e con fiori più belli delle specie genitrici, ad esempio la Sophronitis coccinea (che è una piccola specie alta circa 10 cm con fiori rossi, grandi più della pianta stessa, è stata ibridata con le Cattleya per ottenere piante piccole con grandi fiori rossi)
I prezzi
Le piante di orchidea costano molto, anzi, più sono piccole, più (in proprozione) costano.
Le specie botaniche di taglia medio-piccola (da pochi centrimetri fino 30/40 cm di altezza) hanno generalmente prezzi che vanno dalle 15.000 alle 40.000 lire.
Gli ibridi commerciali (sono quelli che si trovano anche dai fiorai e solitamente sono senza il cartellino del nome. Non saprete mai come chiamare la vostra pianta) di Phalaenopsis e Phapiopedilum si trovano a 20-30.000 lire. Gli ibridi con pedigree (cartellino con il nome) si trovano solo nei vivai specializzati e costano di solito un po’ di più.
Ibridi di Cattleya e Cymbidium costano dalle 30.000 delle piante più piccole alle 100.000 delle piante più grandi (che generalmente fanno anche fiori più grandi).Il discorso del pedigree è valido anche in questo caso.
Specie botaniche di taglia medio-grande, ibridi d.o.c. e piante rare possono avere prezzi che vanno dalle 40/50.000 lire fino al milione ed oltre. Non sono consigliabili a meno che voi non siate esperti in materia e possediate serre con riscaldamento controllato.
Testo e Foto di Giulio Farinelli E-mail:giuliof@mail.cosmos.it
Giardinaggio Home Page Il sito dal pollice verde Dal 1997 gratis sul web per tutti gli amanti del giardinaggio e della natura |