Home In casa In giardino Bonsai Email |
---|
Cari amici giardinieri, sono a Merano e sono appena tornata dalla seconda visita che ho fatto ai Giardini di Castel Trauttmansdorff, l'orto botanico inaugurato nel giugno di quest'anno. Naturalmente non bastano due visite per goderselo tutto, sia perché ha una notevole estensione, 12 ettari, sia perché molte piante sono interessanti in stagioni diverse, per cui, anche volendo, non si possono godere rose e peonie nella stessa settimana.
Non so da che parte cominciare il mio 'reportage', e come voi tutti sapete, a uno che non sa da che parte cominciare, tutti gli consigliano di cominciare dal principio. Dunque in principio presi l'autobus, e mi stancai fuori di misura, sia perché gli orari sono di fantasia - una mezz'ora di ritardo non saprei come altro definirla - sia perché è strapieno di scolaresche. La seconda volta ci andai in macchina, soluzione comodissima e poco costosa (il parcheggio è adiacente alla cassa e chiedono 3mila lire per l'intera giornata). Se la giornata è bella, conviene vestirsi leggeri perché il giardino si trova in una conca esposta a sud. Tutta la vallata di Merano, la Val Passirio, è in una situazione climatica privilegiata, tanto che lungo la famosa passeggiata Tappeiner vi crescono, fruttificano e si riseminano i fichi d'India (ma questo è un altro reportage, forse).
Il progetto complessivo dell'orto botanico è un pezzo di bravura, perché
sono riusciti a renderlo attraente e godibile per tutti, anche per i meno
interessati all'aspetto botanico. E' una gioia per gli occhi e un
divertimento per grandi e meno grandi. Pur essendo esposto a meridione e
protetto da una catena di monti, dunque assolatissimo, è pieno di angoli
ombrosi, pergolati e manufatti di bel design. Una soluzione che ho trovato
particolarmente efficace vede un blocco di marmo lungo diversi metri, dove
sedersi e sostare, sormontato da un possente arco rettangolare, che dà
riparo e ombra, costituito da una gabbia di reticolato di ferro contenente
tronchi di roverella: materiali comuni per una forma alquanto artefatta e
'geometrica' che offre un bell'effetto di contrasto - ma anche di
compartecipazione - con la natura selvatica degli alberi circostanti, che
ripropongono una vegetazione ripariale.
I progettisti di questo giardino hanno tenuto conto di molte lezioni, non
ultima quella dell'inglese Russel Page (1906/1985), uno dei maggiori
progettisti di giardini del XX secolo, che diceva tra l'altro:
I Giardini di Castel Trauttmansdorff mi sono parsi una notevole e armoniosa
commistione di paesaggi naturali e antropizzati. Pergolati terrazzati di
vigne e declivi di uliveti, nel più puro stile mediterraneo, si avvicendano
a visioni postmoderne. Troviamo i giardini (all'italiana, all'inglese o
quello giapponese) e la serra delle orchidee, il laghetto e lo stagno, il
palmeto, l'orto e il frutteto, la macchia e la gariga mediterranea, boschi
di conifere e di latifoglie, ovviamente non in quest'ordine.
Ma è quello didattico, certamente, l'aspetto più importante negli orti
botanici, che ai giorni nostri non hanno più la valenza scientifica che
portò alla loro creazione quasi cinquecento anni fa, come supporti alle
facoltà di medicina. Ma già nel XVIII secolo così scriveva G.A.G. Cerutti
(1738/1792), retore gesuita:
I Giardini di Trauttmansdorff sembrano aver fatto tesoro anche dei consigli di padre Cerutti (abitanti in costume a parte), e si articolano in una decina di settori. Si può spaziare dai paesaggi mediterranei a quelli dell' Alto Adige; dai boschi del Sud America meridionale, del Nord America orientale e occidentale a quelli del Giappone; dalla risicoltura e teicoltura orientale alle piante coltivate di origine americana. Nei Giardini di Trauttmansdorff ci sono molte occasioni per imparare divertendosi (le scolaresche di queste parti sono molto fortunate). Uno dei punti più frequentati è il Mosaico Geologico, un coloratissimo mosaico che disegna e ripercorre l'evoluzione geologica appunto del Tirolo, riportando le principali città, le zone minerarie e le vette montuose che aiutano a orientarsi lungo il percorso. Strisce di piccoli tasselli blu imitano i fiumi, e grossi massi d i pietra, collocati in modo da offrire anche un piacere visivo, indicano i vari tipi di roccia che costituiscono le montagne della regione; e c'è anche un marchingegno dove enormi pietre dondolano in attesa (mai vana) che qualcuno con un bel martellone, una mazza, le faccia risuonare (si fa per dire). Io non ci ho provato, sia perché la fila era lunga, sia perché la mazza era pesante.
Di gran richiamo è il 'semideserto' delle succulente, con un'enorme sfera di metallo alta cinque metri, della forma di uno dei più noti cactus, quello chiamato 'il cuscino della suocera', abbacinante sotto il sole, il cui interno è una simulazione di un cactus visto da dentro, della pancia di un cactus, direbbe un bambino, con l'acqua che scende in gorgoglianti cascatelle che risuonano sui gradini di metallo.
Altre attrazioni sono le rappresentazioni della primavera e dell'autunno. La prima appare come un magico concerto che annuncia il risveglio della natura: sottili steli in fibra di carbonio ondeggiano morbidi, come fossero bucaneve, narcisi o tulipani, mentre il grosso bulbo li tiene saldamente ancorati al suolo. L'autunno, la stagione del deperimento e della caducità, è raffigurato da una cupola d'acciaio percorsa da venature di ruggine che ricorda un enorme cumulo di foglie morte. Attraverso la sua trama s' insinuano i raggi del sole. Foglie di plexiglas variopinte filtrano la luce, lasciando lo sguardo tuffarsi nei colori dell'autunno.
Meno divertente ho trovato la 'Grotta', che per tutti sarà sicuramente un
luogo dove su grandi schermi si possono apprendere un monte di cose su come
nacquero i microrganismi negli oceani primitivi e come le piante - prime
fra tutte felci, equiseti e licopodi - conquistarono la terra ferma. La
guida lo definiva 'un viaggio a ritroso nel tempo, accompagnati da vulcani
in eruzione e violente tempeste'. Vi riferisco le parole della guida, perché
non ho assistito alle proiezioni. Per me la Grotta è stata una spiacevole
esperienza, non tutto è ancora ben coordinato, evidentemente. Fatto si è che
vedendo un gruppo uscire, io entrai a mia volta e prima che la porta mi si
chiudesse velocemente e inesorabilmente alle spalle, ebbi giusto il tempo di
intravedere molte file di panchine. Mio marito si era fermato un po' prima
e non ebbe modo di assistere alla scena. Mi trovai nel buio e nel silenzio
più totale. Dopo qualche tempo di attesa, cominciai a innervosirmi, per un
po' pensai che facesse parte di qualche divertimento che non capivo e che
non condividevo. Poi cominciai a battere sulla porta, o almeno pensavo che
fosse la porta, visto che non vedevo niente. Non osavo gridare anche per
tema di sembrare ridicola. E temevo anche di muovermi, perché non vedendo
niente e sapendo che esistevano delle panche, avevo paura di cadere. Per riprendermi da questa brutta esperienza andai a sedermi nella prima panchina che trovai, perché ero effettivamente un po' scossa, e anche mio marito c'era rimasto male. Era sicuro che io mi fossi attardata a leggere i cartellini pianta per pianta - sa che non me ne perdo uno - e si stava beatamente riposando in uno dei numerosi e simpatici posticini all'ombra di cui prima vi parlavo. La prima panchina che trovai era tra due grandi aiole di peonie. Una visione d'incanto. per l'immaginazione, visto che l'incanto si produrrà solo a maggio. Ah, come vorrei essere qua a maggio, per le peonie, per i glicini, e per tutte le perenni delle bordure erbacee all'inglese, sì, ci sono anche quelle, con tanto di riferimento alla Gertrude Jekyll! Però dopo dovrei tornare a giugno, per le perenni estive e per le rose. Per il momento ho visto solo le perenni autunnali - astri, anemoni, sedum, tantissime graminacee - in tutte quelle varietà di cui si legge, ma che raramente si vedono, e tra tante di cui non ricordo il nome, una mi è piaciuta moltissimo assai, l'Anaphalis triplinervis 'Sommerschnee', è bassa e luminosissima, i petali dei suoi piccolissimi fiori sembrano riflettere il sole. Incantevole. Poi ho visto. i rami e le foglie e le bacche di tutti quei rambler che Tony Lord cita nel suo 'Designing with roses'. Mamma mia, avevo il cuore grosso dall'eccitazione, mentre leggevo tutti quei nomi. Di tutte le rose, le più difficili da trovare sono proprio i rambler perché, dato lo spazio che occupano, di norma un giardino anche di grandi dimensioni ne può ospitare solo qualcuno. Naturalmente per un orto botanico, che decida di avere una collezione di rambler, la faccenda è diversa. Qui, infatti, hanno costruito delle strutture speciali, delle torrette cilindriche di filo di ferro, dove i rami del rosaio vengono guidati. Oppure essi vengono fatti correre lungo pergolati. Rose ce ne sono dappertutto, e di tanti tipi, dalle inglesi alle rugose, agli ibridi di tè, alle paesaggistiche.
Ma dovrei venirci tutti i mesi, vista la collezione di clematidi, dalle primaverili alle autunnali. E gli arbusti! Oh, quanti arbusti, noti e mai sentiti nominare! E le felci?! Mai viste tante felci in vita mia! Pendii di felci, a decine, nella zona giapponese. Tutto nomenclatissimo. E gli aceri e i ciliegi giapponesi? Devo venirci in aprile. Vi immaginate una collezione di prunus da fiore? Ma poi c'è la zona americana, dalle metasequoie agli aceri canadesi. Finalmente ho visto l'Acer griseum, non so in quale continente, ma l'ho visto. Magari tutti voi lo conoscete, ma io l' ho visto solo ieri per la prima volta. Non è che mi ha fatto questa grande impressione (anche perché era ancora piccolo, tutto è giovane e dunque ancora piccolo, è un orto appena nato, vi ricordate?) , ma mi è sembrato di bel portamento. Ogni anno lo spettacolo sarà più ricco, ma siate certi che ce n'è in abbondanza anche adesso per due visite - la lunghezza della visita dipende molto dalla qualità dei piedi! Il biglietto costa 13mila lire a persona. Ci sono i soliti sconti per famiglie e gruppi; una guida, alle 10.30 di ogni giorno, costa 8mila lire, ma la consiglio solo ai super-resistenti, perché alle 10.50, ora in cui sono arrivata, il gruppetto con guida non aveva fatto più di cento metri... Io ricordo ancora una gita in Friuli con un amico altoatesino, che si portava appresso un libro di 300 pagine, che intitolava 'Friuli Orientale' (io ne ho uno di 150 pagine, intitolato 'Friuli'). Non ci perdemmo neanche una pietra tra Gemona e Venzone, e riuscimmo sconvolgere piacevolmente un parroco, chiedendogli di mostrarci un Cristo in legno che aveva in una cappelletta. Andò a prendere la chiave e mentre apriva la porticina religiosamente, ça va sans dire, ci disse che quella era la prima volta che qualcuno glielo chiedeva! Chissà cosa ne è stato, perché questo fu prima del terribile terremoto del '76 . Anche qui l'anno scorso ci fu un'alluvione, proprio nella parte nord del complesso, ma le tracce sono quasi sparite e non ce se ne accorgerebbe neppure se non ci fosse un cartello a ricordarlo. Troverete le coordinate generali nel database dei Giardini italiani da visitare. Ma qui posso andare più sul dettaglio.
Orari di apertura
Tariffe
Guide
|
Giardinaggio Home Page Il sito dal pollice verde Dal 1997 gratis sul web per tutti gli amanti del giardinaggio e della natura |