Cari amici giardinieri,
tra i regali più belli che la vita mi ha fatto c'è quello di poter
cominciare un messaggio con "cari amici giardinieri". Quando il giardino, i
gatti e io ci siamo incontrati, mi pareva già di aver avuto la mia parte.
Di amici ne ho molti e molto cari, ma per qualche oscura ragione, solo un
paio amano giardinare, tutti però, quando pensano di regalarmi un libro,
vanno a pescare titoli che in un modo o nell'altro ricordino il mondo
vegetale. L'ultimo libro "Cade a fagiolo" per molti versi... anche perché si
chiama proprio così, "Cade a fagiolo", scritto da Flavio Birri e Carla Coco,
edito da Marsilio, e il sottotitolo recita "Dal Mondo Antico alla nostra
tavola. Storia, miti e pregiudizi della carne dei poveri".
Cade a fagiolo dunque questa 'carne' dei poveri e di chi vuole dissociarsi
dalle orrende crudeltà che in questi giorni apprendiamo essere perpetrate
nei confronti degli animali. A casa nostra abbiamo smesso di andare in
macelleria, ma non a causa della mucca pazza. Non intendo minimizzare per
niente questa faccenda, che va ad aggiungersi alle trappole e ai
trabocchetti che l'avidità e la stupidità hanno disseminato per tutti, anche
per gli stessi responsabili/irresponsabili. Ma la realtà che è venuta a
galla sul mondo dell'allevamento, dai polli ai maiali, dalle pecore ai
vitelli - nessuno è risparmiato - di cui avevamo pur avuto sentore, nella
sua realtà toglie il fiato e le parole; non diverso deve essere stato
l'animo di quei soldati davanti ai lager nazisti.
Così 'cade a fagiolo' dunque l'arrivo di questo libro un po' da meditazione.
Da leggere sorseggiando un buon vino rosso.
Seguendo il filo della microstoria del 'vile ortaggio', come è stato quasi
sempre considerato, attraverseremo i crocicchi della macrostoria: dalla
calata dei barbari alla scoperta delle Americhe, dall'affermarsi della
borghesia dopo la rivoluzione francese al ritorno alle origini della
Nouvelle Cuisine (i francesi ne sanno sempre una più del diavolo).
Verificheremo luoghi comuni o li sfateremo. Pare che le spezie fossero uno
status symbol, tale e quale il cellulare, quando non ce l'aveva nessuno.
Perché poi le cose s'invertono e adesso è chic non averlo!
Molti anni fa ero a pranzo con un ingegnere inglese e alcuni dirigenti della
mia azienda, ero l'interprete. La pièce de résistence (il genio francese si
rivela anche nella lingua) era cervo con polenta. Mia traduzione a un viso
via via più verde "deer with mais flour". Già il mio povero ingegnere era in
convulsioni per il mio cattivo gusto di definire cervo il cervo, bisogna
dire "venison", cioè cacciagione. Gl'inglesi sono i re dell'eufemismo. Hanno
un nome per la bestia che mangiano e uno per la stessa bestia quando è viva,
se no si sentono cannibali. Ah! l'esprit de finesse!
Ma io andavo avanti imperterrita e gli spiegavo che la polenta, fatta di
mais flour, era un tempo mangiare di poveri, che per questo si beccavano la
pellagra, mentre adesso bisognava andare in ristoranti esclusivi per trovare
chi te la cucinasse girando il mestolo per tre quarti d'ora. Erano i primi
anni '70 e non c'erano ancora le pentole-fai-da te...
- Pilegraa, mice-flour! , Mouse-flour? - esalò a un certo momento, sul
punto di vomitare il mio povero ospite.
Fu il mio turno di sentirmi impallidire: ero stata assunta proprio per
tenere i contatti con i tecnici di un' importante azienda inglese.
- No,no, - mi affrettai a gorgogliare, aarrossendo e impallidendo sotto gli
occhi dei miei dirigenti, - farina di mais come popcorn, non come mice,
topi, no, no, non farina di topi!
- Oh, chepiscou, I understand, maize-floour ! . e riprese colore. La mia
pronuncia in fatto di "s" dolci o aspre, e non solo di "s", lasciava
evidentemente molto a desiderare, ma ero giovane e volevo esibire tutta la
mia cultura, fare bella figura e raccontargli quello che avevo scoperto da
poco. Che la storia è fatta di racconti strabilianti, di ribaltamenti
continui, che la polenta non faceva più pellagra. "Poenta e osèi no fa
pelagra" dicevano una volta i contadini da noi a Padova, per intendere che
occorreva mangiare carne, magari di uccelli (osèi). Ma la storia gira
un'altra volta, e ora, anche senza carne, con una gustosissima pasta e
fagioli con un filino d'olio d'oliva extravergine, abbiamo un alimento
completo, il top della dieta mediterranea!
La microstoria, o per meglio dire, le microstorie aiutano a collocare al
posto giusto 'alcune' tessere di un puzzle che resta ancora in buona parte
un "puzzle", appunto, un indovinello, un disegno da decifrare. E così,
sorseggiando il nostro vino e il nostro libro, andremo a meditare sulle
monoculture e le carestie devastanti che ne seguirono, sulla memoria corta
dell'umanità e sulla necessità di difendere la biodiversità. A Bari,
l'Istituto del Germoplasma conserva circa 80.000 campioni di un po' tutte
le specie erbacee che per varie ragioni il mondo agricolo ha
progressivamente emarginato. Di queste ben 700 sono le popolazioni (o
ecotipi) di fagioli, raccolte in trent'anni di attività e conservate a
futura memoria, perché scomparse o fortemente emarginate.
Non per merito nostro, ma della sua versatilità, la nostra leguminosa nel
complesso si è salvata. Si consuma come baccello fresco o seme fresco ma si
può anche conservare a lungo secco. Non fu un'unione d'amore ma d'interesse,
quella che l'unì all'uomo! E proprio come dicevano nell'Ottocento i
genitori alla prole riottosa "sposati, che l'amore dopo viene", l'amore alla
fine è giunto anche per il nostro protagonista.
Non mancherà di essere una lettura interessante e rilassante, dopo le
fatiche dei primi lavori all'aperto, che dobbiamo affrontare con un mese di
anticipo. Speriamo che sia solo un inverno più mite degli altri e non un
terribile segnale. Io d'inverni così (date le mie molte primavere) ne ho già
visti, l'ultimo che ricordo perfettamente era quello dell'89/90. Stavo
ristrutturando la mia nuova casa e il sabato e la domenica correvo a
sverniciare le finestre. A cavalcioni del davanzale, ogni tanto posavo la
pistola ad aria calda e guardavo il mio nuovo giardino, ne meditavo il
futuro, e godendo del calore del sole e ammirando tutte quelle fioriture,
bocche di leone, azalee, ciliegi e susini, pensavo a quanto era stato
assurdo mio marito nel dire che era un posto troppo freddo per noi, abituati
a un appartamento di città. Ricordo anche il 6 di aprile, il giorno in cui
traslocai, la fioritura del glicine, di cui avevo tanto parlato alle mie
amiche, era terminata.
Aveva naturalmente ragione mio marito. Nell'altipiano carsico fa un bel po'
più freddo che a Trieste (5 gradi di differenza), e il glicine normalmente
fiorisce la prima metà di maggio. Quello fu 'l'inverno del mio contento'
parafrasando Shakespeare. Dell'effetto serra forse ne parlavano già gli
esperti, ma io l'ignoravo. E questo è invece quello del nostro scontento,
perché, in effetti, è difficile godere del caldo quando si teme che ci
abbrustolirà tutti!
Ma tornando a più lieti conversari, al nostro argomento preferito, il
giardinare, non ho ancora toccato l'aspetto decorativo del Phaseolus
vulgaris (fagiolino verde), il quale fu introdotto in coltivazione come
pianta rampicante fiorifera molto tempo prima che si capisse che i suoi
baccelli erano commestibili. I semi si potranno spargere all'aperto quando
sarà passato il pericolo di gelate, ma la semina in vasi darà una pianta
molto più grande e più in fretta. Si possono coltivare anche in cestini
pensili. In piena terra, annaffiandoli adeguatamente, si arrampicheranno su
canne o reti formando una fitta parete di grandi foglie cuoriformi con
numerose spighe fiorifere, scarlatte, rosa o bianche. Se i baccelli si
colgono regolarmente, le piante fioriranno per un lungo periodo.
Aggiungo ancora che in appendice al libro, per comodità di consultazione,
sono raccolte tutte le ricette che compaiono nel testo. Spero che vi
divertirete a provarne qualcuna e che corriate a vedere i due film che gli
autori citano, "Il pranzo di Babette", danese e il francese "Vattel". Due
film memorabili, con due storie memorabili diametralmente opposte.
E concludo con una citazione che cade, come suolsi dir, a fagiolo:
"L'occuparsi della terra e delle piante può conferire all'anima una
liberazione e una quiete simili a quelle della meditazione".
H. Hesse (1877-1962), scrittore tedesco
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